In fondo a una vecchia biblioteca, tra molti altri volumi, è stato ritrovato, per puro caso, un libricino in pessime condizioni, privo di copertina e di frontespizio di cui ignoriamo quindi l’autore, il titolo, l’editore e la data di pubblicazione.
In esso sarebbe contenuta la rivelazione di un un segreto della Sibilla Cumana, pervenuto non si sa come agli avi dell’autore e da loro conservato e tramesso di generazione in generazione.
Data la stranezza di questo “segreto”, che potrebbe anche essere un gioco, oppure un metodo originale, valido in ogni tempo per interrogare gli antichi oracoli, si è pensato di riproporre il libro ai lettori di oggi, facendolo precedere da una premessa che introduca, almeno in parte, alla conoscenza della famosa e misteriosa Sibilla.
Presso i Greci antichi la forma più significativa di profezia divina era l’oracolo, un responso spesso oscuro e ambiguo, trasmesso dal dio, o direttamente o per mezzo di intermediari.
E oracolo era chiamato anche il luogo sacro dove il dio si manifestava assai spesso per bocca di donne invasate, chiamate genericamente Sibille.
Tra esse la più potente e conosciuta era quella che risiedeva nell’antica città di Cuma, sul litorale campano, ove Apollo aveva un tempio grandioso. Le tradizioni e le leggende che la riguardano erano numerosissime, ma esse sarebbero arrivate a noi solo in maniera frammentaria se Virgilio non le avesse riprese e armonizzate in una descrizione unitaria e impressionante nel libro VI dell’Eneide.
La Sibilla Cumana ci prendeva gusto nello stancare la pazienza di chi a lei ricorreva con lo scrivere l’avvenire su foglie di alberi le quali erano qua e là disperse dal vento e bisognava pazientemente raccoglierle insieme al fine di poter leggere e interpretare i vaticini.
Questo libro insegna due semplici metodi per interrogare l’oracolo e ricevere le risposte attraverso delle tabelle che, consultate, formano le frasi del responso.